“Il rifugio non è un albergo”: storie di chi vive la montagna tutto l’anno
Submitted by rbeltram on Wed, 07/05/2025 - 21:22
Quarta tappa del nostro viaggio tra le voci della montagna
C’è una parte dell’indagine che ha colpito più di tutte il Gruppo di Ricercatori.
È quella in cui abbiamo chiesto ai gestori: “Avete qualche considerazione o riflessione libera da condividere?”
Non era obbligatorio rispondere. Eppure, più del 40% ha deciso di scrivere. Alcuni con poche righe, altri con veri e propri racconti.
Il risultato è un patrimonio di testimonianze dirette, di rara profondità.
Abbiamo letto con attenzione ogni singola frase. Le abbiamo analizzate, sintetizzate, raggruppate.
Ma soprattutto le abbiamo ascoltate.
Ecco alcune delle voci che ci hanno fatto riflettere di più.
Cambiamento climatico: tra danni e incertezza
“Ci sono anni in cui la neve non arriva mai, e perdiamo tutta la stagione invernale.”
“Ogni acquazzone estivo rovina i sentieri e ci lascia giorni senza ospiti.”
Molti segnalano l’effetto del clima non solo sul turismo, ma sulla sostenibilità economica e logistica del rifugio: più manutenzioni, più rischi, meno margine di programmazione.
Il turista impreparato (e la montagna fraintesa)
“La montagna è diventata alla moda. Ma non tutti capiscono dove stanno andando.”
“Ci sono ospiti che arrivano in ciabatte e chiedono il Wi-Fi. Quando dici che non c’è, si offendono.”
I gestori parlano di una nuova ondata di turismo inconsapevole, spesso più attento al selfie che al sentiero.
Emerge una richiesta forte di educazione ambientale, di cultura della montagna.
Il rifugio non è un hotel
“Vorrebbero camere matrimoniali, acqua calda illimitata, menù gourmet.”
"Noi offriamo autenticità, silenzio, una fetta di torta e un consiglio.”
Questa frase è ricorrente, quasi un motto: “Il rifugio non è un albergo.”
Una frase che dice molto. Non per chiusura, ma per difesa di un’identità.
C’è chi ha scelto di arricchire l’offerta, chi invece rivendica il valore della sobrietà e condivisione.
Overtourism e convivenza difficile
“Nei weekend non si respira: file, rumore, rifiuti, richieste continue.”
“È diventato difficile anche solo godersi il silenzio.”
I gestori raccontano come l’afflusso eccessivo, in certe zone e periodi, stia snaturando l’esperienza del rifugio.
Ma non si lamentano soltanto: propongono soluzioni. Regolamentare i flussi, promuovere la destagionalizzazione, incentivare il turismo lento.
Idee per il futuro
“Servirebbero incentivi per chi sceglie la sobrietà, non solo per chi allarga e investe.”
"La montagna ha bisogno di essere raccontata meglio. E di essere rispettata.”
C’è una visione lucida in molte di queste risposte.
Una consapevolezza che la montagna non ha bisogno di più turisti, ma di turisti migliori.
E che il futuro dei rifugi dipende da una regia comune, tra chi li gestisce, li frequenta e li studia.
Nella prossima e ultima tappa, proveremo a tirare le fila di questo racconto. Perché dai rifugi non è arrivata solo una richiesta di ascolto, ma anche un invito a costruire insieme il futuro.